Come forse molti sanno, il cosiddetto “decreto dignità” – fortemente voluto dal Governo di Lega e Cinque Stelle e portato avanti in prima persona dal Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi di Maio – è diventato legge. Il decreto affronta tematiche diverse, incluse quelle del gioco d’azzardo e siti per scommettere sportive. L’obiettivo del Governo è quello di porre fine alla triste piaga della dipendenza dalle scommesse e dal gioco compulsivo che rappresentano, sempre di più, un’emergenza sociale ed economica per il nostro Paese.

Secondo le stime, infatti, a soffrire di dipendenza e di “ludopatia”, sono sempre più giovani, il che desta forte preoccupazione. Da qui la decisione di porre un freno a questa emergenza tramite una norma contenuta nell’art.9, Titolo IIIMisure per il contrasto alla ludopatia” del succitato “decreto dignità”.

Nello specifico, l’art. 9 vieta qualsiasi forma di sponsorizzazione e di pubblicità “di giochi o scommesse con vincite in denaro”. Secondo il legislatore, infatti, la dipendenza dal gioco d’azzardo e dalle scommesse può causare dei comportamenti patologici e devianti, capaci di mettere in pericolo la salute e la stabilità psicologica, economica e familiare di chi ne è affetto con gravi ripercussioni su tutta la società. Nel decreto vengono anche stabilite delle distanze territoriali minime che le agenzie e i punti commerciali di betting e gambling devono rispettare nei riguardi di scuole, centri di aggregazione giovanile, ospedali, chiese e altri punti sensibili. Lo scopo di questa decisione è quello di tenere lontani quanto più possibile i giovani e i soggetti più a rischio dal gioco compulsivo.

Se le ragioni alla base del decreto sono facilmente comprensibili e, da molti, anche condivisibili, ciò che appare estremamente complesso è l’applicazione delle norme e dei divieti contenuti nel testo legislativo. Il primo problema è che il decreto non si applica a tutte le società di scommesse e di giochi che hanno già dei contratti pubblicitari o di sponsorizzazione in essere: ciò significa che i grandi gruppi di betting o gambling che già fanno pubblicità sui canali televisivi o satellitari o già sponsorizzano club sportivi, potranno continuare a farlo sino alla fine dei loro contratti. Non serve dire che, non appena la norma era in fase di discussione, tutte le maggiori società hanno provveduto tempestivamente a prolungare i contratti attivi in modo da aggirare il divieto.

Un altro problema riguarda le sponsorizzazioni delle lotterie e dei giochi come il Lotto, il Superenalotto e la Lotteria Italia che risultano escluse dal provvedimento: ciò significa, in sostanza, che la norma non si applica ai giochi che fanno capo allo Stato. È facile intuire le polemiche che questa decisione ha sollevato sia tra le Associazioni di categoria che tra le società di giochi e scommesse private. In particolare, la stessa Associazione internazionale degli operatori di betting e gambling ha espresso tutto il suo disappunto nei confronti del decreto italiano ed ha sottolineato come questa norma non servirà in alcun modo a tutelare le persone più deboli difendendole dal rischio della ludopatia, ma al contrario, favorirà solo il proliferare di siti e operatori illegali e poco sicuri.

Estremamente contrari al decreto sono anche i club calcistici e le società sportive, specialmente quelle minori, che dipendono molto dalle sponsorizzazioni e dalla pubblicità. Le Leghe di Serie A, Serie B e Serie C hanno sottolineato come questa norma causerà la crisi finanziaria per i club meno facoltosi che già ottengono meno in termini di diritti televisivi. Dello stesso avviso sono anche le Federazioni di sport considerati più di nicchia come la pallanuoto, il baseball, la scherma e l’atletica leggera che dovranno dire addio ad una fonte di finanziamento importante.